N° 109
LA CITTÀ DEL PECCATO
1.
La scorsa notte è stata
decisamente movimentata qui a Las Vegas, con una piccola rissa che ha visto
coinvolti il supereroe locale, che si fa chiamare, Maggiore Libertà, Devil, la
Vedova Nera, in trasferta da New York, ed una misteriosa rossa di cui non sono
riuscito a sapere nulla.[1]
Il
mio nome è Ben Urich e lavoro per il Daily Bugle. Sono stato mandato qui per
seguire il match di boxe valido per il titolo unificato di campione dei Pesi
Welter che vede opposti l’italoamericano Robert Baldini e l’afroamericano Jake
Brown. Il mio direttore ha ricevuto una soffiata secondo cui qualcuno cercherà
di truccare il match.
Se avessi avuto qualche
dubbio sulla validità della soffiata, la presenza di Devil e della Vedova me
l’ha definitivamente tolto. Se poi ci mettete anche il fatto che è arrivato a
Las Vegas anche Alexander Bont, l’ex boss della malavita irlandese di Hell’s
Kitchen di recente uscito di prigione, il quadro è quasi completo.
Qualcosa
di grosso sta per accadere ed io, come al solito, sarò in prima linea per
raccontarvelo… sperando di non essere tra quelli che si faranno male.
Definire alterata Evelyn Stanzler, Procuratore
degli Stati Uniti ad interim per il Distretto Giudiziario Federale Sud dello
Stato di New York, sarebbe semplicemente un delicato eufemismo.
-Mi sta davvero dicendo che Frank Castle, il Punitore, è evaso da
quello che dovrebbe essere uno dei carceri più sicuri di questa città uscendo
tranquillamente dalla porta principale dopo aver impunemente ucciso un altro
detenuto?[2]
È questo che mi sta dicendo?- urla in
faccia all’uomo in piedi di fronte a lei.
Il Direttore del
Centro Federale di Detenzione di Manhattan ha decisamente l’aria contrita
quando risponde:
-Castle indossava la divisa di agente di custodia ed era accompagnato
da un’altra agente, una donna bionda. Ha superato tutti i controlli. Solo
un’ora dopo abbiamo ritrovato Tiberiu Bulat morto con il collo spezzato e gli
agenti addetti alla sua custodia svenuti. Quelli che dovevano occuparsi di
Castle li abbiamo, invece, trovati legati ed imbavagliati in uno sgabuzzino.
Uno di loro era senza divisa, la stessa usata da Castle per travestirsi.-
-La donna che era con lui…ovviamente una sua complice… cosa sapete di
lei?-
-Praticamente nulla. Si è presentata il giorno precedente come una
degli agenti di rinforzo inviati da Philadelphia per supplire alla nostra
carenza di personale. Le sue credenziali erano impeccabili… e false. Da quanto
abbiamo accertato, ha preso di sorpresa gli agenti che scortavano Castle e li
ha storditi con un taser.-
-Doveva essere Lynn Michaels.- interviene Justin Baldwin, Vice della
Stanzler -Era una poliziotta e sa come muoversi in certi ambienti. È stata
rilasciata la settimana scorsa dal Bellevue.[3]
Non ha perso tempo nel liberare il suo mentore. È stata un’operazione
pianificata con cura e con appoggi dall’interno. Anche l’omicidio di Bulat lo
dimostra.-
-Cosa intende insinuare?- chiede in tono piccato il Direttore.
-Io non insinuo, io affermo.- replica, calmo, Baldwin -Vuol forse dirmi
che è stato per puro caso che Castle è stato prelevato dalla sua cella proprio
mentre anche Bulat aveva la sua ora d’aria e che lui sapesse esattamente dove
trovarlo? È davvero così ingenuo?-
L’altro non risponde e
china il capo.
-Ho la sensazione che cadranno molte teste per questo fatto.- continua
Baldwin -La sua per prima.-
-Ed anche la mia, temo.- commenta amaramente Evelyn Stanzler -Dopo
questo pasticcio le mie speranze di essere confermata dal Senato sono ridotte
al lumicino.-
-Non è detto, Evelyn.- ribatte Baldwin -Le carceri non sono tua
responsabilità dopotutto e se Castle fosse ricatturato…-
-Come se fosse facile. Hai qualche suggerimento?-
Baldwin accenna ad un
sorriso e risponde:
-Sam Gerard.-
Il
locale si trova appena fuori dai confini della Città di Las Vegas, ai margini
del deserto. L’insegna dice che il suo nome è Desert’s
Gentlemen’s Club ma da quel vedo entrando non devono essere molti i
gentiluomini tra la sua clientela.
Su
un palco una ragazza sta togliendosi l’ultima cosa che indossa: un tanga così
minuscolo che solo quando lo vedo volare mi rendo conto che ce l’aveva addosso.
Faccio una smorfia di disgusto quando vedo uno dei clienti afferrarlo al volo.
Credevo
che le leggi del Nevada proibissero il nudo integrale negli spettacoli di
striptease ma a quanto pare, qui non si preoccupano di osservarle. Questo posto
è una specie di zona franca dove la Legge non mette piede a meno che non
succeda qualcosa di veramente grave e la gente di qui si impegna seriamente
perché non succeda a quanto mi hanno raccontato.
Sento
su di me un sacco di sguardi. Dovrei esserci abituata ma stavolta mi sento a
disagio. Mi avvicino al banco ed ordino un Margarita.
-Lei mi sembra una
donna di classe, Miss. Che ci fa in un posto come questo?- mi chiede il
barista.
-Sto cercando una
donna.- rispondo.
-Ognuno ha i suoi
gusti.- replica lui scrollando le spalle.
-Il suo nome è
Goldie e mi hanno detto che avrei potuto trovarla qui.
-In effetti, c’è ma
non ama ricevere visite.-
-Credo che mi stia aspettando.
Potrebbe dirle che mi manda Isabella MacArthur?-
Il barista riflette qualche
secondo poi fa un cenno ad un tizio e quando si avvicina gli sussurra qualcosa
che non capisco. Il tizio fila subito via per poi tornare poco dopo e
rivolgersi a me dicendo semplicemente:
-Mi segua.-
Mi accompagna in un salottino
dove mi aspetta una donna molto bella e molto bionda. L’uomo che mi ha
accompagnava se ne va chiudendo la porta alle sue spalle. Lei dice con voce
roca:
-Isabella
MacArthur. Non sentivo questo nome da tempo.-
-Bumper ha detto
che lei avrebbe capito e vedo che è stato così.-
-Bumper… sapevo che
si faceva chiamare così adesso. Bumper Ruggs la Regina del Vizio della Costa
Est. Del resto neanche Isabella MacArthur era il suo vero nome. Sei una delle
sue ragazze?-
-Non sono la
ragazza di nessuno in nessun senso.- ribatto con una certa durezza nella voce
-Mi chiamo Candace Nelson e sono una giornalista.-
La bionda si irrigidisce.
-Una giornalista e
come…?-
-Diciamo che devo a
Bumper, Isabella o comunque si chiami davvero un favore… un grosso favore e lei
sta riscuotendo il suo debito a modo suo. Mi ha detto che lei mi avrebbe
aiutato.-
Goldie sorride e replica:
-Mettiti comoda,
raccontami tutto… e dammi del tu.-
2.
Le porte dell’ascensore si aprono sul grande atrio del Coliseum Casinò,
Hotel & Resort. A quest’ora del mattino non c’è ancora grande attività e
l’atrio è quasi deserto… quasi
Ho appena fatto qualche
passo che mi sento chiamare:
-Matt! Ehi, Matt!-
Non ho bisogno di
voltarmi per sapere chi mi ha chiamato e così rispondo:
-Buongiorno, Pop… e buongiorno anche a te, Robert.-
-Ehi, ma come ha fatto a…?- esclama Robert Baldini, perplesso.
Mi volto sorridendo e
rispondo:
-Sono cieco ma gli altri miei sensi funzionano benissimo. Riconoscerei
la voce di Pop dovunque e quanto a te… finché non cambierai marca di dopobarba
non sarai difficile da riconoscere.-
-Tanti usano la mia stessa marca.-
-Ma solo tu potevi essere quello vicino a Pop.-
Thomas “Pop” Fenton
scoppia a ridere e dice al suo protetto:
-Ora forse capisci perché, anche se non ci vede, Matt Murdock è uno dei
migliori avvocati di tutta la Nazione.-
-Sei troppo buono, Pop.- replico.
Quello che Pop e Robert
non sanno e nemmeno immaginano è che i miei sensi restanti sono potenziati a
livelli incredibili e che ho una sorta di senso radar che mi consente di
percepire il mondo che mi circonda in un modo davvero unico.
-Ti unisci a noi per colazione, Matt?- mi chiede Pop.
-Perché no?- rispondo.
-Mi chiedevo perché la Ved… Miss Romanoff… non fosse con lei.-
interviene Robert
-È uscita presto. Aveva un affare personale da sbrigare.- replico.
Molto personale avrei
potuto aggiungere.
Natasha Romanoff alza gli occhi verso il biondo adolescente di fronte a lei e dice:
-Sono felice di rivederti, Jack.-
-Davvero?- replica John Harold Howard in tono lievemente sarcastico -Non ne ero troppo sicuro -
-Io… a modo mio sono affezionata a te.-
-Come si vuol bene ad un cucciolo?-
-Jack, non essere sgarbato con la nostra ospite. Non era obbligata a venire qui e forse ora la stai facendo pentire di averlo chiesto.-
A parlare è stato un uomo che sembra una versione più anziana di Jack. È Harold Howard, l’uomo più ricco del mondo e molto altro.
-Jack ha ragione.- replica Natasha -Avrei dovuto farmi viva più spesso ma sono stata.. impegnata.-
-Già… ho saputo che hai avuto due gemelli e che è stato un parto prematuro e difficile.-
-Acqua passata.-
-Come… come stanno?- chiede, un po’ titubante, Jack.-
-Sono fuori pericolo e sono a casa adesso.-
-Ma tu sei qui, ora.-
-Un altro rimprovero? Beh, forse hai ragione ma…-
-Ma ne discuteremo dopo colazione.- taglia corto Howard.
E Natasha ne è ben felice.
Lo studio privato di Harold Howard è spazioso ed accogliente ma in qualche modo freddo come il suo padrone.
-Una vodka?- le chiede Howard porgendole un bicchiere -È della tua marca preferita… sempre che anche questa… come le altre cose che mi dicevi allora… non fosse una bugia.-
-Non mi hai ancora perdonata?- gli chiede la donna conosciuta come Vedova Nera.
-Perdonare ma non dimenticare è uno dei miei motti, ma veniamo al motivo che ti porta a Las Vegas: il match tra Baldini e Brown. Hai seguito Murdock fin qui perché lui teme che qualcuno voglia truccarlo. Di Baldini e del match non ti importa nulla ma di lui sì. Devi amarlo davvero molto se hai voluto dei figli da lui.-
-Questo non c’entra e non deve interessarti.- ribatte Natasha con voce dura -Tu sai tutto quello che accade in questa città e non solo. Voglio tutte le informazioni che puoi darmi.-
Howard fa un leggero sorriso e replica:
-Ad onta delle leggende che circolano su di me, io non so tutto e non controllo davvero tutto in questa città ma tu sei l’unica con cui lo ammetterei. Posso, però trovare facilmente le informazioni che ti servono, questo sì, e non ti chiederò nulla in cambio… oggi.-
C’è una sorta di avvertimento in quell’ultima parola che Natasha preferisce ignorare.
3.
Il mio mestiere è il
giornalista investigativo. Il che significa che non mi limito a riferire le
notizie, le vado a cercare. In passato questo mi ha provocato non pochi guai:
un bel po’ di minacce, una mano fratturata e qualche tentativo di omicidio.
Almeno per il momento i guai si sono tenuti lontani da me… o io da loro,
scegliete voi.
Entrando nel bar del Coliseum mi
imbatto proprio in una delle persone con cui volevo parlare. Un caso? Non
esattamente.
Mi
avvicino al suo tavolo e lo saluto:
-Ciao Maxie,.-
Maxie Schiffman mi guarda sorpreso
ed esclama:
-Ben Urich? Sei
proprio tu? Che ci fai qui a Vegas? Non dirmi che sei qui per l’incontro!-
-Ed invece te lo
dico, Maxie. Posso sedermi? Avrei un paio di domande da farti.-
-Domande? Che
domande? Se stai cercando del marcio come tuo solito, stavolta caschi male:
Jake Brown è più candido di un agnellino da latte.-
-A questo posso
credere. Non sei uno stinco di santo, Maxie ma non sei ancora arrivato a
truccare gli incontri degli atleti di cui sei stato il manager. Puoi, però dire
lo stesso di chi gli sta intorno? Cosa sai dei tuoi finanziatori? Sei certo che
siano abbastanza candidi?-
-Beh… io,,, so che è
una società che organizza eventi sportivi. Hanno seguito tutte le ultime tappe
di Jake e non ci sono mai stati sospetti di brogli.-
-E se ti dicessi che
quella società è controllata dal Sindacato di Chicago?-
Maxie sbianca in volto e balbetta:
-Io… io… ne sei
certo, Ben?-
-Quanto basta, Maxie.-
replico -Non so come ma è certo che vogliono truccare questo incontro. Se il
tuo pugile è davvero pulito, meglio che stia ben attento a dove mette i piedi.-
Parliamo ancora per un po’ poi
saluto Maxie ed esco. Sto per chiamare un taxi quando sento qualcosa di
metallico premere contro la mia schiena ed una voce che mi dice:
-Il mio capo vuol
vederti, giornalista, e non accetta un no come risposta.-
Prima di poter dire o fare qualcosa
un’auto si ferma davanti a me ed io vi vengo sbattuto dentro senza tanti
complimenti. Un istante dopo l’auto riparte sgommando.
Cosa vi avevo detto sui guai? Sono
stato troppo ottimista.
Il posto è la suite
di uno dei migliori hotel di Las Vegas e l’uomo che ho davanti sembra uscito da
un film degli anni 30: grosso, quasi calvo, abito scuro fatto indubbiamente su
misura. Si chiama Wolf Dietrich. Non so se Wolf è il suo vero nome ma poco
importa perché mi sembra davvero un lupo.
-E così, tu sei la
ragazza mandata da Goldie..- dice infine, squadrandomi da capo a piedi -Come ti
chiami?-
-Anna Rand.-
rispondo cercando di sembrare disinvolta.
-Ti hanno spiegato
cosa devi fare?-
-Intrattenere
uomini che pensano di essere potenti. Nulla di nuovo per me.-
Dietrich ride ed è una risata
che mette i brividi.
-Intrattenere
uomini che pensano di essere potenti. Mi piace come ti esprimi… Anna. Goldie ti
ha detto chi sono e dove li incontrerai?-
-Veramente no. Ha
detto che ci avrebbe pensato lei.-
Lui mi dice un nome ed io faccio
un fischio per la sorpresa.
I tipi che mi
hanno rapito non parlano molto ed onestamente neanche io ho molta voglia di
chiacchierare. Ho una certa idea di chi sia il capo di cui hanno parlato e
questo non mi fa stare affatto tranquillo.
Arriviamo in un una specie magazzino
ai margini del deserto. All’interno ci aspetta un uomo sui trent’anni vestito
di bianco con un irritante sorriso irritante in volto.
-E così tu sei il
giornalista ficcanaso venuto da New York che va in giro a fare troppe domande.-
mi apostrofa.
-Sono le domande a
darle fastidio o le possibili risposte, Mr. Cavella?- ribatto.
-Non ha molta
importanza, Urich, perché non avrai nessuna risposta.- replica Nicky Cavella.
-Se sta pensando di
uccidermi, ci rifletta sopra: l’omicidio di un giornalista attirerebbe molta
attenzione, una pubblicità che i suoi superiori di Chicago non gradirebbero.-
-Chi ha parlato di
ucciderti? I miei ragazzi ti accompagneranno nel deserto e tu semplicemente non
ritornerai dal viaggio. Se può consolarti, sarai in buona compagnia.-
Due tizi mi stringono le braccia ed
uno dice:
-Hai sentito il capo?
Andiamo!-
In quel momento una finestra si
infrange ed una figura in costume rosso piomba all’interno.
4.
Quanta parte gioca il destino nelle nostre vite? Era stato per puro caso
che avevo assistito al rapimento di Ben Urich ed ero riuscito per pura fortuna
ad agganciarmi all’ auto dei rapitori. Non è stato un viaggio piacevole,
aggrappato al telaio in mezzo alle ruote ma questo mi ha consentito di
intervenire al momento giusto.
-Devil!- esclama uno degli sgherri di Cavella.
-Bravo, hai fatto i compiti.- ribatto.
Prima che qualcuno
possa anche solo abbozzare una reazione, io, grazie al mio bastone, ho già steso
uno dei due gangster che trattengono Ben Urich. Il secondo molla il braccio di
Ben e prova ad estrarre una pistola ma un mio calcio glielo impedisce.
-Scappa, Ben, e chiama aiuto. A questi penso io.-
Il mio vecchio amico mi
obbedisce senza discutere. Mentre imbocca la porta del capannone sento Nicky
Cavella gridare ai suoi uomini:
-Che aspettate? Sparategli! Ammazzatelo!-
-Sì, provateci.- ribatto -Ma prima pensate a questo: ci hanno provato in
tanti ad uccidermi ed alcuni erano anche molto in gamba. Siete davvero sicuri
di poter riuscire dove loro hanno fallito?-
Esitano ed è tutto
quello che mi serve. Balzo loro addosso e li colpisco con calci e pugni.
Qualcuno spara ma io evito facilmente i proiettili. Un paio di gangster si
colpiscono a vicenda. Non era quello che avrei voluto ma non ho il tempo per
dispiacermi per loro.
Lancio il mio bastone dietro di me disarmando uno
che mi stava per sparare alle spalle poi faccio una capriola all’indietro e lo
colpisco al mento con i piedi uniti. Giro su me stesso e recupero il mio
bastone trovandomi di fronte l’ultimo sgherro rimasto in piedi. Sento l’odore del suo nervosismo.
-Hai visto cos’è successo ai tuoi amici.- gli dico con voce tranquilla
-Puoi provare a spararmi ma vedi questo bastone? Una volta l’ho usato per
intercettare un proiettile e rispedirlo nella canna della pistola che lo aveva
sparato. Impossibile, dici? Forse hai ragione, forse è stato solo un tentativo
fortunato e forse non sarò capace di ripeterlo. Vogliamo provare?-
Sento il suo cuore
battere all’impazzata, percepisco l’odore del suo sudore. Improvvisamente
lascia cadere la pistola e corre verso una delle uscite. È solo allora che mi
accorgo che Cavella è scomparso.
Durante
il viaggio in limousine Wolf
Dietrich non dice una parola e nemmeno lo fa la donna che lo accompagna: una
bionda dal fisico minuto ma dallo sguardo di ghiaccio che mi fa sentire a
disagio.
Dietrich non mi fa sentire
meglio quando parla con il suo tono freddo:
-Stai per
incontrare delle persone potenti… o almeno loro pensano di esserlo. La cosa non
sembra impressionarti.-
-Ci sono abituata.-
rispondo -Sono una professionista. Vado dove mi dicono di andare, faccio quello
che devo fare e non faccio mai domande.-
Non è proprio la verità ma di
certo non posso dirlo a lui.
-Atteggiamento
giusto. Continua così e resterai in buona salute.-
La minaccia non è esplicita ma
abbastanza evidente. Ancora una volta sto camminando sul filo del rasoio.
Il
luogo è quello che da queste parti chiamano ranch e si trova appena fuori dai
confini cittadini. Quello che è in corso quando entriamo meriterebbe a pieno
titolo l’appellativo di party selvaggio. Lo champagne scorre a fiumi ed intendo
vero champagne. C’è un’altra cosa che è facile trovare ed è una polverina
bianca che potrebbe sembrare zucchero ma non lo è. D’altra parte questa è Las
Vegas, la Città del Peccato, dove la trasgressione è la regola.
Quando arriviamo il party è già
cominciato ed alcuni degli ospiti si stanno già lasciando andare senza più
ritegno. La prima cosa che un osservatore ignaro noterebbe è che la maggior
parte degli uomini veste abiti di foggia tardo settecentesca e molte donne sono
in guepiere e scarpe con tacco dodici.
Solerti
camerieri ci aiutano a liberarci dei nostri impermeabili rivelando che siamo
vestiti allo stesso modo.
-E così questa è la
sede del Club Infernale a Vegas. Non sapevo nemmeno che ce ne fosse una.-
commento a mezza voce.
- Esiste da poco ma
ha già molti membri altolocati.- mi risponde Dietrich.
-I ricchi e potenti
di Las Vegas, giusto?-
-Giusto. Ora vai.
Sai cosa devi fare.-
Dietrich mi indica un gruppetto
di persone poco distante. Tutti uomini: tre bianchi ed un nero. Il primo,
capelli e baffi bianchi, vestito nero, lo potremmo definire il padrone di casa.
Da quello che so degli altri tre, sicuramente preferirebbero che non si sapesse
che sono qui o cosa succede in questo posto. Il primo è un Senatore, presidente
di un’importante sottocommissione, il secondo è il City Manager di Las Vegas,
l’uomo che dirige l’amministrazione cittadina. Quanto all’afroamericano, alto,
calvo, sui cinquant’anni, occhiali e sguardo penetrante, mi squadra in un modo
che non mi piace per niente. Non è il solito sguardo che mi rivolgono certi
uomini.
Mi avvicino a loro e mi rivolgo
all’uomo dai capelli bianchi:
-Mr Kine? Mi hanno
detto di parlare con lei.-
Lui
mi osserva per bene. La guepiere nera lascia poco spazio all’immigrazione ed il
suo sguardo si sofferma sulla mia scollatura. Nulla di imprevisto.
-Uhm.- borbotta
-Sei la ragazza mandata da Goldie per sostituire Fanny?-
-Sì, mi chiamo Anna
e…-
Con una velocità sorprendente il
nero mi afferra un braccio e me lo torce.
-Non ti chiami
affatto Anna.- dice in tono duro -Il tuo vero nome è Candace Nelson e sei una
giornalista del Daily Bugle di New York.-
-Mi sta facendo
male!- Strillo.
-E te ne farò
ancora di più se non mi dici cosa ci fai qui fingendoti una escort di lusso.-
Improvvisamente alle nostre
spalle si ode una voce femminile:
-Calmi i bollenti
spiriti o sarà lei a farsi molto male. È un consiglio da amica… Sceriffo.-
Conosco quella voce.
Il Centro di Consulenza Legale Gratuita Karen Page si trova nel cuore del quartiere di Hell’s Kitchen a Manhattan. I membri dello Studio Legale Nelson & Murdock sono tenuti a dedicare un giorno alla settimana ad ascoltare i problemi di chi non ha i mezzi per pagarsi un avvocato e cercare un sistema per risolverli. Oggi è il turno di uno dei due soci fondatori dello Studio: Franklin Nelson, Foggy per gli amici, di recente tornato alla professione privata dopo un lungo periodo come pubblico ministero federale.
In questo momento sta ascoltando i problemi di un’anziana signora.
-E così, se ho capito, Mrs O’Grady, stanno cercando di sfrattarla dal suo appartamento ad affitto bloccato.- dice.
-Esattamente.- risponde la donna -I nuovo proprietari del palazzo stanno provando in tutti i modi a mandare via me e gli altri inquilini. Ci hanno offerto delle grosse somme perché ce ne andassimo. Alcuni hanno accettato subito ed agli altri come me stanno accadendo cose.-
-Che tipo di cose?-
-Piccoli incidenti. L’ascensore che non funziona, un gradino che si rompe ed un inquilino cade dalle scale, manutenzione inesistente.-
-Pensa che siano tentativi di intimidirvi?--
-Lei che ne dice? Vogliono mandarci via con ogni mezzo. Paghiamo un affitto molto basso e sanno che se riescono a mandarci via possono ristrutturare l’edificio ed affittarlo per dieci volte tanto. -
-Chi sono questi nuovi proprietari?-
-È uno solo in realtà: una società chiamata Clinton Development Inc.-
-Capisco. Purtroppo non è una situazione insolita.-
-Pensa di potermi aiutare?-
Foggy abbozza un sorriso e risponde:
-Penso che ci proverò.-
5.
La Vedova Nera, perché
di lei si tratta, sta puntando uno dei sui bracciali al collo di Aaron
Fredericks, Sceriffo della Contea di Clark.
-Vuole davvero
rompere un braccio ad una giornalista e trovarsi steso dal mio Morso di
Vedova?- gli dice con calma -A questa distanza può essere letale o forse solo
paralizzarla, chissà?-
-Non oserebbe.-
ribatte Fredericks.
-Lasci andare Miss
Nelson o mi metta alla prova.-
Fredericks serra le labbra ed
alla fine mi lascia andare il braccio.
-Ottima scelta.-
dice la Vedova sorridendo poi si rivolge a me -Questa è la seconda volta che mi
tocca tirarti fuori dai guai. Non contare troppo su una terza, Candy.-
Non mi sembra il caso di dirle
che odio essere chiamata Candy.
-Si può sapere che
sta succedendo?- interviene l’uomo di nome Benedict Kine.
-Ne parliamo in
privato.- replica Fredericks -Immagino che non ci siano obiezioni se usiamo uno
dei salottini.-
-No di certo. Mi
sarei risparmiato volentieri il vostro show. Ora mi toccherà usare tutta la mia
abilità per calmare i miei ospiti -
-Dubito che se ne
siano accorti in tanti, strafatti come sono - commenta Natasha Romanoff
-Vogliamo andare adesso?-
Mentre ci avviamo sono sicura
che due paia di occhi malevoli mi stanno fissando.
Mi precipito fuori dall’edificio ma Cavella è ormai scomparso. Sento
il rombo di un’auto ormai troppo lontana. Per il momento se l’è cavata ma non è
ancora finita.
-Ti è sfuggito. A volte la sfortuna aiuta le persone sbagliate.- mi
dice Ben Urich arrivandomi al fianco.
-Non sei scappato, Ben.- lo rimprovero bonariamente.
-Non avrei saputo dove andare. Magari mi sarei perso nel deserto.
Contavo sul fatto che tu li avresti sistemati tutti e poi…-
In lontananza sento
le sirene della polizia. Passa un po’ di tempo prima che le senta anche Ben.
-Sono arrivati finalmente.- dice -Anche più presto di quanto mi
aspettassi quando li ho chiamati.-
-Per fortuna i tuoi rapitori non ti avevano preso il cellulare.-
replico
-E per fortuna c’eri tu a darmi il tempo di fare la telefonata. Ancora
una volta ti devo la vita, Matt.-
Prima che possa
rispondere, un’auto nera con una sirena sul
tettuccio si arresta davanti a noi.
Una giovane donna bionda serra il dito su un grilletto. Un mirino telescopico laser inquadra le sue prede. Un colpo parte.
CONTINUA
NOTE
DELL’AUTORE
Poche cose da dire:
1)
Justin Baldwin, padre del supereroe
Speedball è stato creato da Steve Ditko con Roger Stern su Speedball #1 datato
settembre 1988.
2)
Se non sapete chi è Maxie Schiffman,
allora non siete fan dell’Uomo Ragno. -_^
3)
Benedict Kine è stato creato da Ian
Edginton & Gene Ha su X-Men Annual #3 del 1994.
Nel
prossimo episodio… tutti i nodi vengono al pettine… forse.
Carlo